Under 14 – Diario di Abu (storia di una rinascita)

Diario di Abu
(storia di una rinascita)

di Alice Marsili

Tutor: Anna Rita Pinelli – Scuola: I.C. Frascati 1 di Frascati (RM)

 

Erano le 5:00 di mattina e come sempre Abu , un ragazzo egiziano di 15 anni, rimasto orfano a 6 anni, si stava preparando per andare a lavorare in quella terra arida della quale ormai conosceva ogni centimetro.

Mise prima le camicia bianca, che oramai di bianco aveva solo i tre bottoni ancora rimasti attaccati, poi infilò i pantaloni, sporchi di terra da capo a piedi e strappati su entrambe le ginocchia a causa delle cadute… anche se lui, per sdrammatizzare, si divertiva a dire che erano la moda del momento.

Pronto per lavorare, afferrò la maniglia e aprì la porta, ma quello che si trovò davanti lo sconvolse: la sua città era stata bombardata! Rimase senza parole e si fermò a guardare per due minuti quello scempio. Iniziò a bisbigliare una preghiera africana:”Treffer getref pragtige sweep! Vlammende swaard unsheathed unsheathed! Seun gek here en oorwinnaar…” ma, prima che potesse finire, fu interrotto da un tonfo che lo spinse a rientrare in casa.

A quel punto scoppiò in un pianto improvviso, la sua attenzione cadde sul un suo diario sul quale scrisse:

26 giugno 2009

Nel mio paese c’è la guerra, io ho bisogno di una casa, di una vita, io ho bisogno di contare per qualcuno. Se ora morissi, nessuno lo saprebbe, a nessuno interesserebbe. Voglio andarmene da questo posto, voglio andarmene dall’Africa. Da poco ho saputo che un viaggio clandestino da qui a Lampedusa può costare dai 200 ai 400 dollari e, lo ammetto, ho pensato più volte di racimolare quei soldi per partire, anzi, io e il mio amico Diji lo abbiamo pensato. Ci basterà lavorare per un paio di anni e poi potremo partire”.

A questo punto si guardò intorno,come se qualcuno lo stesse spiando, poi alzò il materasso e tirò fuori da uno dei tanti buchi che il tempo, l’usura ed i topi avevano formato tutti i suoi risparmi: 24 banconote da 1 dollaro; le contò e ricontò più volte prima di rimetterle dov’erano.

Intanto si erano fatte le 6:00, prese coraggio ed uscì di casa correndo, per accertarsi che Diji stesse bene. Arrivò dove fino al giorno prima c’era la casa del suo amico, e la scena che si trovò davanti fu terrificante: non c’era più nulla, solo un mucchio di macerie. Cominciò ad urlare e a scavare con le mani. Solo molto più tardi trovò il corpo senza vita di Diji.

Sentì un dolore lancinante al petto e le lacrime scendere a fiumi. Rimase immobile per ore finché non gli sembrò di udire la voce dell’amico che gli diceva di andare via, di fuggire e di lottare per una vita migliore Da quel momento il suo unico obiettivo fu trovare i soldi per andarsene e cominciare la sua nuova vita…

Lavorò senza sosta, giorno e notte, per i mesi successivi, finché il 14 Marzo del 2011, tirò fuori dal suo materasso 400 banconote da un dollaro: il posto sul barcone era suo.

Ormai sapeva a chi rivolgersi, quindi, con tutti suoi risparmi , un po’ di viveri per il viaggio e il suo diario, si diresse sognante verso la sua nuova vita. Arrivato al porto, trovò molte più persone di quelle che si sarebbe aspettato. In preda al panico, stava per tornare indietro quando vide davanti a sé Diji che lo esortava continuare. Si fece coraggio e consegnò tutti i suoi soldi agli scafisti, che lo fecero spostare con un gruppo di persone che, come lui, aspettavano il loro turno per cambiare vita. Dopo circa due ore di scomoda attesa, gli scafisti li spinsero tutti su un peschereccio lungo meno di 4 metri, dovevano starci tutti, anche se non c’era neanche la spazio per respirare.

Durante il viaggio, circondato da occhi terrorizzati ed urla silenziose, quasi certo di dover morire, Abu si rifugiò nel suo diario.

“Primo Giorno (15 marzo2011)

Ho fatto la prima scelta della mia vita ed ora che posso realizzare tutti i miei sogni ho paura, sì esattamente, HO PAURA. Ho sonno, ho freddo, ho sete, mi manca la terra ferma ed ho la nausea. Attorno a me vedo solo gente terrorizzata, nessuno parla e tutti hanno paura di chi li circonda. Pur essendo in tanti, ognuno di noi è SOLO.”

Secondo Giorno (16 marzo 2011)

Oggi mi sono vergognato di me stesso, ho abbassato lo sguardo ed ho permesso alla mia paura di bloccarmi. Una ragazza, avrà avuto 3 o 4 anni più di me, ha urlato per ore, ha pianto e si è contorta dai dolori, dando alla luce suo figlio da sola. Solo alla fine una donna l’ha aiutata a tagliare il cordone ed a coprire il suo bimbo. Sono stato una persona orribile, ho lasciato la mia casa da soli due giorni e già non mi riconosco più. Siamo in mare aperto, nessuno ci dice niente, siamo in attesa …”

Terzo Giorno (17 marzo 2011)

Quanto successo oggi non lo dimenticherò mai. Ho visto due uomini contendersi una fetta di pane secco, hanno lottato con le poche forze che avevano ed uno dei due è caduto in mare. Nessuno lo ha aiutato, nessuno lo ha guardato, e il barcone ha continuato il suo viaggio. Continuo ad avere fame e sete, non ho più provviste ed introno a me c’è solo il mare, nessuna traccia di terra ferma.”

Quarto Giorno (18 marzo 2011)

Ho perso la speranza, non credo di riuscire a resistere a lungo, le forze mi stanno abbandonando. Vorrei chiudere gli occhi e non aprirli più. Intorno a me c’è solo silenzio, rotto da lamenti di dolore. Si sente cattivo odore, l’uomo vicino a me lo chiama “ la puzza della morte”. Vorrei avere vicino mamma, papà e Diji. Sono stanco di essere solo, vorrei piangere ma le lacrime non escono. Sono immobile ed aspetto di morire”

Notte tra il 18 ed il 19 marzo 2011

Il silenzio assordante è rotto dalle urla degli scafisti: “ALMAL UIT” (“tutti fuori”). Ora siamo tutti in piedi, ognuno sembra aver ritrovato la forza di sopravvivere. Si vedono in lontananza le luci della terraferma ed una nave che si dirige verso di noi. Gli scafisti sono fuggiti su un motoscafo e la Marina Militare Italiana sta venendo a salvarci. Qualche corpo è a terra, qualcuno non ce l’ha fatta, ma io SI’, sono arrivato a Lampedusa e sta per cominciare la mia nuova vita.”

30 Marzo 2011

Sono qui a Lampedusa da più di una settimana, ho trovato tante persone gentili che mi hanno accolto. Quando passeggio sulla spiaggia, gli abitanti mi salutano con affetto. Mi hanno regalato dei vestiti nuovi e delle scarpe comodissime, non credevo ne esistessero di così comode. Ho conosciuto un ragazzo della mia età, Marco; mi ha regalato un pallone vero, di cuoio, come quello della nazionale di calcio.”

31 marzo 2011

Oggi ci è venuta a trovare una ragazza, qui la chiamano “assistente sociale” ma il suo vero nome è Alice. Ci ha spiegato cosa succederà da ora in poi nella nostra nuova vita. Ha preso una mappa e ci ha mostrato l’Italia, abbiamo riso tutti perché ha la forma di uno stivale, ma siamo tornati seri quando ci ha elencato i nostri diritti: possiamo andare a scuola e vivere al sicuro. Guardandoci negli occhi ad uno ad uno ci ha detto: “L’istruzione è lo strumento più potente che avete per il vostro futuro. È UN VOSTRO DIRITTO!!!”

16 Marzo 2017

Sono in Italia da circa 6 anni. All’inizio non è stato facile, molti mi guardavano con sospetto, altri non mi guardavano proprio, come fossi trasparente, ma ormai è solo un altro brutto ricordo della mia vecchia vita. La mia nuova vita è cominciata a 18 anni, il 14 giugno 2012, quando sono stato “adottato”. Ora ho una casa ed una famiglia che mi vuole bene, non mi sento più solo e so che tante persone si preoccupano per me. Quest’anno ho iniziato l’Università, mi sono iscritto alla facoltà di Giurisprudenza ma la notizia più bella è arrivata questa mattina: da oggi sono a tutti gli effetti

CITTADINO ITALIANO!

 

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