Colori

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Quinto classificato

Colori

di Ezio Elia

 

Dicono che noi speleologi sappiamo solo stare al buio, nelle grotte, che il nero è il nostro colore e che non siamo in grado di apprezzare le normali bellezze della natura. In Piemonte ci soprannominano “trapun”, talpe o “rate vuloire”, pipistrelli. Credo invece che pochi come noi sappiano apprezzare le tinte, gli odori e le sensazioni degli ambienti naturali. Forse è proprio il passare tante ore in ambienti relativamente poveri di messaggi cromatici, olfattivi e con una temperatura tendenzialmente costante che ci rende in realtà molto sensibili. Quando usciamo di grotta, sulle nostre meravigliose montagne, rivediamo i colori con altro occhio, con più amore, e i colori si mischiano agli odori, alle sensazioni che ti accarezzano la pelle. E’ un’esperienza di realtà aumentata, per usare un’espressione di moda, ma è ottenuta non grazie a droghe o espedienti tecnologici ma semplicemente vivendo per tempi significativi in ambienti inusuali.

BIANCO
La neve. La neve è bianca anche di notte. La neve è bianca anche quando è rossiccia della sabbia del Sahara portata dalle perturbazioni primaverili che arrivano da Sud, e ti sembra che gli sci vadano meno veloci. La neve diventa veramente rossa solo con il sangue del capriolo, sbranato dal lupo, con il mio sangue, se mi taglio. Diventa gialla con la pipì, ma ingiallisce anche sotto certi alberi che depositano polveri o colano tannino.
Bianca può essere la roccia, soprattutto quella sedimentaria, calcare o marmo, gesso o sale. Bianchi sono i cristalli di calcite e le aragoniti che vediamo in grotta.
Bianca è la carta, che in grotta è solo quella, preziosissima, del quadernetto dove scriviamo i dati del rilievo topografico. Fuori dalla grotta è la carta igienica perché, nonostante sia bello ogni tanto vivere selvaggiamente, questa è una comodità di cui è difficile fare a meno.
Bianchi sono i petali delle stelle alpine, che in tanti luoghi della Conca sono i fiori più diffusi, ma è anche il colore di tanti altri fiorellini, meno famosi ma altrettanto belli. Bianca appare l’acqua delle cascate, dove spumeggia; a dir la verità è bianca solo se illuminata dal sole, ma noi la immaginiamo bianca anche nelle cascate sotterranee. Bianca diventa l’acqua ghiacciata. Ma è veramente bianca o è un gioco di luci?
Il bianco è freddo, o comunque non è mai caldo, ed ha l’odore della neve che scioglie, dello zucchero e del sale. Il bianco è un colore orizzontale, piatto, ma visto da vicino ha forma granulare; è lento e non fa rumore.

GRIGIO
La roccia è grigia. Che grigio? Mille grigi, e ogni tono di grigio una storia, un millennio, mille millenni, un’era. Ogni sfumatura evoca un ambiente antico, spiagge, lagune, pianure, fondali, conchiglie, animali, alghe….le rocce sedimentarie sono cumuli di vita: la parte che resta è la migliore o è lo scarto? Non so, ma forse è fuorviante dare un giudizio di valore.
Anche la nebbia è grigia. La nebbia è grigia anche di notte. La nebbia vola con il vento. Altrove nebbia e vento non possono coesistere ma su questa montagna sì. E’ il vento che comanda la nebbia. La tiene in basso, dividendo gli altopiani dal resto del mondo, oppure la fa galoppare velocissima ma infinita, sul dorso della montagna, anche per giorni. La nebbia umida che corre sopra le montagne, la nebbia che bagna, è come una spugna cosmica che massaggia la terra. Se apri la finestra della Capanna entra la nebbia. E se c’è troppa nebbia stai in Capanna, a mangiare, bere e giocare a carte. E la nebbia ti entra nel cervello e nello stomaco. E ti senti un po’ grigio anche tu.
Anche il metallo è grigio. Lo sono i moschettoni, lo erano i discensori, quando eravamo più poveri, e le scalette. Adesso i discensori da speleologia sono colorati e i capelli degli speleologi diventano grigi. Il metallo è più grigio d’inverno, quando è sottozero e ti si appiccica alla pelle.
Forse grigio è il lupo, ma è troppo veloce per stabilirlo. Sicuramente grigi quelli che vogliono fare strani progetti di valorizzazione delle ultime terre selvagge.
Il grigio, nella nostra civiltà, si porta dietro un pregiudizio di negatività. Forse troppa. Si dice che il grigio non è né bianco né nero, quindi indeterminato, ignavo, informe; poi però si dice che in “medius stat virtus”, e si cita Aristotele che elogia la medietà! Eppure in natura è un colore tra i più diffusi, dalle rocce agli animali. Sfatiamo certi miti negativi, il miglior calcare è quello bello grigio!
Il grigio odora di umido, ha forma gassosa e tonda. E’ silenzioso e assorbente, ma a volte rimbomba.

VERDE
Verde è l’erba, ma per pochi mesi, poi diventa marrone o tende al giallo. Erba è una parola che raccoglie in sé mille forme di vita, mille storie che si svolgono parallelamente alle nostre ma che, avendo un’altra scala temporale e dinamica, noi fatichiamo enormemente ad apprezzare. Pochi sanno cosa sono le associazioni vegetali, pochi si domandano perché certe piante siano vicine a quelle e non ad altre. Il verde ostentato dalla Lega, che forse da queste montagne ha preso il simbolo, qui scolpito dai pastori su rocce e dai monaci sulle colonne della Certosa, ma più antico e più verde è l’Islam, che beffa!
Poi ci sono le pietre verdi, laggiù nel profondo della montagna, resti di erbe, dicono i geologi. In rifugio è verde lo sciroppo alla menta, regolarmente colorato.
Verdi sono state diverse mie automobili, e anche quelle di molti amici, e verdi sono gli stivali con cui vado in grotta.
Il verde ha sapore, è eterogeneo e collettivo, è curvo, è frattale. Con il verde sentiamo i rumori della vita.

AZZURRO
Azzurro è il cielo, è il mare che non è poi tanto lontano, oltre le montagne, e che da qualche cima si vede, argentato o dorato. Quindi è blu o azzurro solo da vicino, o da molto lontano, dagli aerei.
Aeronautico è il cielo, canta una meravigliosa canzone di Paolo Conte. Il blu è un colore abissale, verticale, richiama lo sguardo verso l’alto e verso il basso.
Azzurri sono gli occhi di qualcuno ma azzurra non è l’acqua. E’ azzurra solo nei disegni. L’acqua in realtà non è azzurra se non quando riflette il cielo, è grigia se riflette la nebbia, nera se non riflette nulla. Perlopiù è fredda, è poca o troppa, sempre fredda come freddo chiama l’azzurro.
L’azzurro ha il suono del vento, si muove, ed ha la forma dell’acqua.

MARRONE
A pensarci il marrone, come il grigio, è un colore diffusissimo, i mille toni del marrone. Il marrone è un colore caldo, porta odori forti, anche le puzze. Sono marroni la roccia, l’erba, lo sterco delle vacche (quello delle pecore tende al nero), la terra, la carne cotta, le castagne, l’aquila, il camoscio, la marmotta, il fango….E la pelle? Ondeggia in mille toni dal marrone al rossiccio. La vera pelle bianca è privilegio dei malati.
Sono marroni le cortecce di molti alberi, ma non tutte, e marroni sono il legno, le foglie secche.
Il marrone è vivo, è caldo. Il marrone è riposo.
Il marrone è grasso, suona sui toni bassi, è obliquo, scende.

ROSSO
Rosso ce n’è poco. Rossa era la Capanna, come la tenda rossa, ma ora lo sono solo le sue finestre. Rosse le tute degli speleologi, i maglioni, il sangue, i pomodori. Rosso è un colore dell’uomo, la vernice agli ingressi delle grotte, sui sentieri, nei divieti. Rosso può essere il tramonto, la cresta del gallo forcello, troppo piccola per vederla davvero.
Il rosso è caldo, ma molto meno caldo del marrone, del verde, del giallo. Il rosso è tagliente, ci interroga, grida. Ha forma aguzza e si muove.

GIALLO
È un colore adorabile ma quasi introvabile: lo cerchiamo nei fiori, nei panorami di erba secca, e lo immaginiamo e disegniamo nel sole. Poi lo usiamo nelle tute, nei vestiti. E’ talmente caldo che non ha odore. Gialla è la fiamma della lampada ad acetilene, sul casco dello speleologo, che sprigiona una bolla di luce calda che ti circonda mentre cammini nelle tenebre sotterranee.
Il giallo è uno squillo di tromba, è un sorriso.
Il giallo è movimento, sono le onde della materia.

NERO
Nero è il buio delle grotte, ben diverso dal buio della notte. Diverso dal buio dell’ombra. Nero è l’inchiostro: un filo di senso che lasciamo sulla carta per trasmettere idee, costruire memorie, dare nomi.
Nera è la gomma delle ruote, che con fatica ci portano in giro per il mondo. Neri sono la maggior parte degli insetti, silenziosi compagni di vita.
Il nero non ha odore né temperatura, né suono né azione. Il nero è un punto.
A capo.

Ma quanti altri colori esistono e non riusciamo a descrivere? Com’è povera la nostra lingua sui colori! I Nuer dell’alto Nilo hanno dieci termini solo per i colori principali del mantello dei bovini che viene poi declinato in quasi trenta concetti cromatici diversi. Noi fatichiamo ad andare molto oltre i sette colori dell’arcobaleno.
Ma i colori sono figli della luce. Esistono in assenza di luce? Un foglio bianco al buio è ancora bianco?
Mi piacerebbe avere una macchina del tempo e chiacchierare di queste cose con Magritte mentre dipingeva una delle versioni dell’impero della luce. Quando cambiano le luci cambiano i colori e allora ne comprendiamo meglio la profonda soggettività. Come le stesse parole trasmettono a ognuno di noi mille diverse sfumature così le stesse cose ci appaiono con diversi colori. E’ giusto pretendere una verità univoca nei colori delle cose oppure è più onesto rassegnarsi al fatto che è una verità eterogenea, cangiante al mutare della luce che arriva e di come essa è catturata da sguardi diversi?
Mi chiedo cosa avrebbe scoperto Magritte se fosse andato in grotta; senza essere uno speleologo ha scritto: “un’immagine ignota nell’ombra è evocata da un’immagine nota nella luce”!

 

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