Racconti in città/Riflessi

Riflessi

 

Sullo specchio non c’era niente, solo il riflesso del suo volto nella penombra.

«Ricordate la stanza in cui vi trovate?» domandò la dottoressa.

«Sì» sussurrò Paul.

«Descrivetela.»

«Non riesco, è tutta buia. Vedo ancora una volta solo uno specchio.»

«Osservatelo nuovamente.»

Nell’oscurità e nel silenzio, Paul si specchiò.

«Allora, cosa vedete?»

«Qualcuno, ma non sono io» seguì una breve pausa, Paul corrugò la fronte. «Dietro quell’uomo c’è una poltrona in un angolo, un camino spento e una finestra che lascia intravedere squarci di fulmini in una notte sconosciuta.»

«State guardando la stanza attraverso lo specchio» riprese lei. «Continuate a osservare.»

«C’è una porta. Mi ricorda qualcosa.»

«Siete solo?» gli chiese.

«Sì.»

«E l’uomo che si trova in quella stanza? È solo?»

Paul annuì. «Per il momento.»

«Lo conoscete?»

«No…» rispose esitante, la sua voce lo tradiva.

«Ne siete sicuro?» ribatté la dottoressa. «Parlatemi di lui.»

Paul scosse la testa. «Non posso, mi spaventa.»

«La mente a volte protegge se stessa dai ricordi che ritiene nocivi» commentò lei. «Ma se volete conoscere il vostro passato, capire chi siete, è necessario far riemergere tali memorie.»

«Ho paura» ritornò a dire Paul.

«Ci sono io a guidarvi, non siete solo.»

Paul annuì lentamente.

«Bene, chi è allora quell’uomo che vedete riflesso?»

«È alto, di mezza età, ha una folta barba grigia e i suoi occhi sono colmi di odio. Sembrano disumani» Paul appoggiò una mano sullo specchio e acuì la vista. «La porta alle spalle dell’uomo si apre, ma lui non ha paura. Lui sorride.»

«Chi ha aperto la porta?»

«Un bambino. Entra nella stanza. Trema. Anche lui come me ha paura di quell’uomo.»

«Cosa succede?»

«Il bambino è immobile, attende che l’uomo si giri… cerca il coraggio per affrontarlo.»

«Perché vuole affrontarlo?»

«Vendetta. Non sopporta le ingiustizie di quell’uomo, che perpetra su sua madre da quando ha memoria.»

«Paul, vuoi ritornare?» chiese dolcemente la dottoressa.

«No, non ancora. Voglio guardare, devo. Ne ho bisogno…» seguì qualche minuto di silenzio, poi Paul riprese. «L’uomo sorride ancora, si gira e dopo due pesanti passi tira uno schiaffo al bambino.»

La dottoressa deglutì. «Cosa accade dopo?»

«Il bambino piange, ma non sono lacrime di dolore. La sua è rabbia pura, che si tramuta in un’unica funesta pugnalata. L’uomo cade ai suoi piedi, ma il bambino non lo teme più e avanza con la sua collera, imperterrito. Lo trafigge senza remore, più e più volte, fin quando nella stanza non rimane che il sangue.»

Quando la dottoressa svegliò il paziente dal suo stato di ipnosi, nessuno dei due proferì parola.

Silenzioso, Paul si alzò e si avvicinò alla finestra.

Su quel vetro non c’era nulla, solo il riflesso del suo volto.

Giuseppe Gallato
Rosolini (SR)

 

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